Siamo eternamente alla ricerca di strategie, magie, scorciatoie, strumenti per ridurre la fatica, annullare l’angoscia, debellare la sofferenza e tutto ciò che ci ricorda la nostra finitezza.
Credo di avere la FOMO (Fear Of Missing Out), ossia la paura di perdermi qualche informazione che potrebbe arricchirmi culturalmente, migliorarmi, farmi vedere cose che non conosco. Così, tra video, audiolibri, podcast e libri, mi imbatto in continuazione in “manuali” spesso identici, se non nel contenuto, sicuramente nella forma e nel bisogno di colpire la mia attenzione.
Abbiamo bisogno di consolazione immediata e di sapere quanto sarà lungo il nostro percorso, di sapere di ricevere un voto a fine lavoro e che saremo bravi ai nostri occhi e a quelli degli altri. Siamo bambini intrappolati nel bisogno della pagella a fine anno, bambini che arrivano puntuali per paura di deludere, che temono di dire cosa pensano e sentono, bambini che per compiacere hanno smesso di sognare e hanno scelto carriere o percorsi dettati da altri e ai quali ci siamo adattati per sentirli nostri.
La maggior parte dei video e degli “strumenti formativi”, ormai sono caratterizzati da una continua numerazione: 5 modi per cucinare il broccolo romano, 7 esercizi per un addome piatto, 5 tecniche per uscire dal panico, 6 modi per per capire se il tuo partner ti mente, 8 modi per sopprimere il tuo capo, ecc.
Purtroppo la mente umana ha bisogno di sapere la strada che farà, di avere l’ILLUSIONE del controllo, di sapere a cosa andrà incontro.
L’altro giorno ero in macchina con i miei figli e alla domanda “papo cosa c’è per cena?”, ho risposto…”ho preso un sacco di cose buone!!”.
Nonostante i miei figli abbiano 18 e 14 anni, hanno iniziato a chiedermi ossessivamente cosa ci fosse per cena. Così, grazie a loro, mi sono accorto che anche io quando mi dicono “ti ho fatto una sorpresa”, vado in ansia anticipatoria, inizio a fremere dentro e cerco attraverso domande fintamente ingenue degne del tenente Colombo, di carpire qualche informazione in più.
Facciamo fatica a stare nel vuoto, nell’incertezza, nell’invisibilità, come se il non detto, il non visibile non fosse lui stesso un portatore immenso di informazioni, e forse delle informazioni più importanti, quelle che le parole non possono descrivere.
Ormai la scienza è concorde nel fatto che lo spazio vuoto porta con sé una quantità infinita di informazioni, vale per lo spazio cosmico (lo spazio infinito tra i pianeti e le stelle) così come per l’atomo, dove lo spazio “vuoto” è circa il 99,9%, ma in quello “spazio vuoto”, si nasconde tutta la magia della nostra vita e della vita attorno a noi.
Pensiamo allo spazio “vuoto” del silenzio, di quante informazioni ci siano nel silenzio. Quanto un silenzio possa dire del clima emotivo tra le persone che creano quel silenzio, quanto un silenzio armonioso sappia mettere pace, così come un silenzio di imbarazzo possa toglierci il respiro e farci parlare pur di interrompere quell’assenza di rumore.
Purtroppo siamo pecore, ossessivamente alla ricerca di un “papà” che ci dica cosa è giusto fare, che ci indichi una strada, che ci sgridi, che accorci il guinzaglio, che lo allunghi per darci un po’ di illusoria libertà.
Immagino una scuola dove prima dei Fenici ci inizino alla libertà, allo spirito critico, alla ricerca e all’esplorazione del vuoto, del vivere le paure con gioco e curiosità, che ci mostrino spazi non non battuti, dove ci facciano vivere la rassicurazione che si sente su un binario e la libertà e la paura di vivere senza rotaie e cancelli.
Dobbiamo allenarci alla paura della libertà, alla paura di non essere posseduti da nessuno e di non possedere nessuno. Di non aver bisogno di strategie, pozioni magiche, integratori miracolosi e porti sicuri.