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LA SERENITA’ SI NASCONDE SUBITO DIETRO LA PAURA

I cinesi dicono che la felicità si trova subito dopo la paura.
Quando ero piccolo, ricordo quanto fosse “minaccioso” per me  attraversare in piena notte il corridoio per raggiungere il bagno.
Ero sicuro che ci fosse una presenza nel corridoio, una forza oscura che mi avrebbe mangiato e dilaniato nello spazio  buio tra la zona sicura della mia camera e quella del bagno.
Dentro di me mi chiedevo come fosse possibile per gli altri alzarsi dal letto e andare serenamente in bagno  uscendo incolumi  dalla propria camera.
Ricordo notti a gambe strette dove speravo che arrivasse l’alba per poter andare finalmente in bagno.
Già, perché si sa che i mostri vivono al buio, odiano essere illuminati, non vogliono essere visti, detestano la luce e essere chiamati per nome.
Le ostetriche incitano le mamme a rilassarsi mentre stanno partorendo. Ma come si fa a rilassarsi mentre un arrosto urlante di 3,5 kg ti sta uscendo da un buco grosso come una susina?
Il dolore, così come la paura, ci fanno contrarre. Non ce ne rendiamo conto subito, ma quando abbiamo paura o soffriamo emotivamente, il  nostro corpo si tende, crea una corazza di nervi e muscoli per proteggerci.
I muscoli si tendono, i pugni si chiudono, le chiappe si stringono…e così anche la mandibola, lo stomaco, l’intestino, il diaframma e ogni altra parte del corpo.
Un giorno, anzi, una notte, dopo tante notti passate con una racchetta da tennis vicino al letto a mo’ di clava in caso di un eventuale attacco da parte di qualche mostro, ho pensato che questa entità doveva essere proprio stupida o limitata.
Come mai passavo ogni notte incolume nella camera, ero al sicuro in bagno ma in corridoio mi avrebbe dilaniato?
Sicuramente doveva esserci un motivo. Forse i santini di Padre Pio  di mia nonna o la statuetta di plastica della Madonna di Lourdes mi proteggevano…o forse la coperta, o le preghiere che dicevo prima di andare a dormire. Insomma, avevo mille protettori nella mia camera. Ma perché in bagno no? Ah giusto, li potevo accendere la luce perché non disturbavo nessuno  e comunque il bagno era anche vicino alla camera dei miei.
Sicuramente il mostro del corridoio aveva paura dei grandi e poteva attaccare solo i  bambini. Anche mio fratello era salvo. Lui ormai era grande,  e poi lui era forte. Era più alto di me, sapeva fare le flessioni e aveva già le prime ragazze. Io invece guardavo il mondo dalla serratura. Tutti mi sembravano più forti, sicuri di sé, fortunati.  A me sembrava di avere mille voci in testa di 10000 persone che litigavano per avere ragione.
Una notte però, non so cosa fosse successo, mi posi alcune  domande :”e se fosse tutto dentro di me?”, “possibile che questo mostro è così lento che non mi becca mai in altri momenti, che non entra mai in camera, che non mi mangia sulle scale o un secondo prima di uscire dal bagno?”.
Così una notte, dopo aver trattenuto la pipì per ore e non potendone più, fui costretto ad affacciarmi al corridoio.
Cazzo quanto era buio.
Mio fratello dormiva, mia mamma era in camera sua e non volevo svegliarla.
Era esausta dalle tante ore di lavoro per mantenerci e sapevo quanto fosse importante per lei dormire e non essere disturbata in quel periodo.
Armato di racchetta, recitai tutte le preghiere che conoscevo inventandone anche di nuove…magari il problema era che pregavo sempre il mio dio e non quello di altri popoli.
Spinto da una vescica ormai al limite della sopportazione, accelerai per cercare di andare in bagno nel minor tempo possibile, accesi la luce e finalmente mi liberai di questa agonia nel basso ventre che metteva a rischio la mia vita ogni notte.
Il problema fu al ritorno….”e mo come torno in camera?”, lui sarà li. Sicuramente mi ha fatto andare in bagno per farmi pensare che non esiste e che sono solo matto o un fifone, il solito fifone.
Mi preparai come per la partenza dei 100 metri alle olimpiadi, avevo in testa Mennea e nella fantasia del bambino che ero  potevo emularlo…forse anche batterlo!
Accelerai spegnendo la luce come se stessi scambiando il testimone con il muro. Arrivai alla soglia della camera e qualcosa mi fermò.
Ma possibile che questo mostro non ti becca mai? Possibile che ce l’abbia davvero con te e solo con te? Tuo fratello, i tuoi amici, loro sono sempre salvi e li ritrovi a scuola sempre il giorno dopo. Come è possibile?
Qualcosa mi disse che potevo sfidare le mie paure, che potevo mettere alla prova questo mostro. Non potevo andare avanti così. Prima o poi  mi avrebbe preso, e se non fosse esistito avrei vissuto tutta la vita a fare Mennea per andare a pisciare. Non è vita così.
Mi fermai, chiusi gli occhi tanto da sentirli far male. Il corpo era paralizzato, non respiravo più, riuscivo solo a contare mentalmente. Mi dissi che se fossi arrivato a 15 sarei stato salvo e avrei dimostrato che non c’era nulla nel corridoio. Dovevo solo contare..
1, 2, 3…10, 12, 13, 14…15.
Aprii gli occhi, era buio, ma ricordo una luce del lampione creare una striscia di luce debole sull’armadio davanti a me.  Ero salvo. Una parte di me mi diceva che era solo un trucco, che mi avrebbe preso la notte successiva dopo avermi illuso della sua inesistenza.
Ricordo però che una parte di me che si stava dilatando sotto lo sterno, mi stava dicendo di piantarla, di riderci su, che era tutto finito, che la mia mente diceva un sacco di cazzate e non dovevo più credergli, che dovevo fidarmi di più degli altri…e che non sono così importante da generare o far scomparire un’orda di mostri.
Li ho imparato alcune cose, anzi, mi si è creato un semino che compresi molti anni dopo.
Che sofferenza e dolore esistono solo se gli diamo spazio, se li alimentiamo, se viviamo in funzione di essi e che non siamo poi così tanto importanti, nemmeno per i mostri onnipotenti e onnipresenti dell’inferno, figuriamoci per i nostri pari.
Ho imparato che a volte ci innamoriamo della nostra paura per usarla come alibi per non vivere.
Che inconsciamente usiamo la paura per delegare la nostra vita alla sorte e a  qualcuno.
Che ci sentiamo superiori grazie alle paure e che giudichiamo gli altri perché non sono tanto sensibili da averne.
Che i mostri non vogliono che venga detto il loro nome. Negli esorcismi il diavolo se ne va quando viene costretto a dire il suo nome, nella vita il male se ne va quando lo vediamo e lo accettiamo.
Che i corridoi fanno paura a tutti. Kubrik lo sa bene.
Che tra paura e serenità c’è una soglia, e per passarla dobbiamo concederci di fidarci e perdere un attimo l’equilibrio.
Nella peggiore delle ipotesi ci mangerà il mostro che abbiamo solo nella nostra testa e che tanto tutti abbiamo in casa una statuetta di plastica della Madonna di Lourdes.

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