Ieri ho visto una ragazza in studio. Meravigliosa. PUNTO.
12 anni, dolce, profonda, un’anima ricca e profonda, un prato fertile in cui tutto cresce senza nessuno sforzo, fiori meravigliosi così come piante infestanti che soffocano e divorano tutto.
Genitori separati (e questo non è il problema maggiore), individui fragili che come spessissimo succede, hanno confuso l’amore con il bisogno. Bisogno di essere padri e madri, bisogno di entrare in un grafico in cui bisogna essere genitori entro una data età, per sentirsi al proprio posto nella società, per completare un dovere imposto dal dovere stesso, per rendere felici i nonni…a discapito di una inconsapevolezza disarmante che non può che franare addosso di chi si trova a valle.
B. è minuta, magra, educata, ha imparato a non occupare spazio, a farsi piccola, ad adattarsi a situazioni folli, pur di non peggiorare una situazione che nessun adulto nemmeno scegliendolo potrebbe tollerare anche solo per poche ore, figuriamoci una ragazzina di 12 anni, che prima di averne 12 ne ha avuti 11, 7, 5 , 3…
Genitori che urlavano quando erano insieme, individui che continuano ad odiarsi anche da lontani, che dominati dalla propria infantilità emotiva si fanno dispetti, poi fanno i bravi perché si contengono fuori, fanno a gara a chi conquista di più i figli, per poi rinfacciargli tutto al primo litigio. Genitori che si contengono, emanando però una puzza di merda infinita che credono non contamini i figli e l’ambiente attorno a loro.
Il contenimento della rabbia mi ricorda l’arbre magique delle case dei serial killer.
La cantina piena di cadaveri e tanti profumatori d’ambiente per nascondere la puzza di corpi in decomposizione.
Si sono talmente abituati alla rabbia e al veleno che è diventato l’unico modo di esistere. Il loro cane vive perennemente sotto il tavolo e il letto, B. nel suo corpo contratto, nei suoi libri e nella musica.
Nessun genitore è cattivo. Non credo minimamente alla cattiveria. Credo al malessere che fa fare cose cattive, dolorose, tanto da scordarsi che si può stare bene, che esiste il silenzio, il rispetto, l’amore, l’armonia.
Il silenzio dell’armonia fa male, fa sentire le urla dell’anima che non trovano pace, che sanno solo sfogarsi, come culi in dissenteria che hanno bisogno di trovare il primo water possibile, e spesso questo è anche l’animo più docile nei paraggi.
Il dolore, la rabbia, il malessere, il bisogno, ci rendono egocentrici. Se sto male esisto solo io e si fottano milioni di persone in guerra o che soffrono. Se sto bene e sono in armonia, sento il dolore degli altri e non posso non farmi toccare da esso.
Però no, l’ego ci mette al centro. SEMPRE. Con abiti buoni o cattivi. Ho ragione io, sono arrabbiato e mi sfogo, ho bisogno e uso l’altro, dico “come stai” e non ascolto la risposta, suono il clacson come se con l’onda d’urto potessi spostare 5 km di fila in autostrada o magari pretendo del lei per sottomettere l’Altro e far valere il mio ruolo.
Dove c’è l’essere umano c’è il suo schifo, ma anche la sua meraviglia. La capacità di creare, inventare, unire, ma anche distruggere, schiacciare, reprimere.
La forza è una scelta. Troppo spesso una sciolta. L’amore, la cortesia, la gentilezza, smuovono difese che null’altro può smuovere. Certo, con la minaccia posso far smettere di delinquere un criminale, ma con la dolcezza posso non farlo mai iniziare.
Purtroppo l’adrenalina crea un piacere molto più rumoroso dell’ossitocina, l’ormone dell’amore.
Effetto collaterale è che “estasi dell’adrenalina dura poco, ma i suoi effetti collaterali tantissimo, l’ossitocina invece dura una vita intera, così come la sua mancanza che genera abbandono e voglia di riempimento e sfogo.
Fare figli è troppo facile, basta scopare. Un atto veloce, impulsivo, che scalda l’anima e calma la mente. Per 20 secondi.
Mio padre diceva: si raccoglie quello che si semina, io direi si raccoglie ciò che si cura.
B. è dolce, profonda e silenziosamente determinata.
E’ pazza. Ha deciso di non farsi inquinare dal dolore e di restare vergine emotivamente e di non sfogarsi sugli altri. Ha fatto un patto inconscio con sé stessa. Voglio essere migliore di ciò che ho avuto, voglio evolvermi, migliorarmi…e magari aiutare altri a farlo.
Certo, il suo ego è bello grande. Ha la presunzione di essere immune al suo dolore e alla rabbia del mondo, di poter salvare gli altri e di potersi sostituire a loro, di essere capace di tollerare un padre che le da della “mongola” e della “troia” quando prende voti più bassi del massimo. Ha la presunzione di essere impermiabile al dolore altrui che si riversa su di lei. Purtroppo sarà attratta da partner scassati che vorranno essere salvati e che vorranno affogare il loro salvatore.
L’unico modo per imparare ad andare in bici è cadere. L’unico modo per amare la bici è ricordarsi che è inevitabile cadere, ma anche che bisogna mettere le mani davanti quando si cade.
Che il caschetto ci salva e che spesso è più saggio mettersi sotto un cavalca via se c’è un temporale.
B. è scomoda. E’ uno specchio di maturità e autocontrollo davanti a due bambini posseduti vestiti da adulti, incuranti delle proprie azioni e dei loro effetti sul mondo circostante.
Vuoi uccidere l’uomo nero che ti terrorizza? Sorridigli col cuore e donati la dolcezza che desideri.
Respira B., tutto ha un tempo, basta capire che lo zaino devi mollarlo appena puoi e che si viaggia meglio con uno zaino leggero.
Ritratto crudo, a tratti violento, terribile e sconvolgente ma purtroppo implacabilmente fedele di genitori d’oggi, troppi. Quale deviazione mentale fa si che un genitore così guardi se stesso negli occhi, allo specchio, e non si veda per quello che è, non capisca in che labirinto di disagio si sia spinto, trascinando con sé i propri figli?
Grazie mille…purtroppo tutti siamo ciechi a qualcosa e dipendenti da qualcosa. Lo stato di rabbia è una gran difesa. Ci fa sentire forti, presuntuosi, ci permette di illuderci di avere sempre ragione, di metterci in una posizione di forza e di potere sugli altri. Siamo animali. Sadici, spietati, ma anche bisognosi e fragili. Ci comportiamo in reazione a qualcosa che abbiamo vissuto. O andiamo verso qualcosa, o ci allontaniamo da qualcosa. O diventiamo come chi ci ha fatto del male o cerchiamo di migliorarci, diventando iperseveri con noi stessi. Il problema è che non accettiamo la nostra natura e così nemmeno quella degli altri. Risultato? Soppressione del prossimo e idolatrazione di noi stessi.