Campo Imperatore

RITROVARSI

 

Torno da un viaggio in solitaria improvvisato e che ho avuto il privilegio di fare per un periodo di pausa più lungo del solito. Nessuna meta prestabilita se non interna ed emotiva. Unico scopo era ritrovarmi dopo un anno molto intenso, allontanandomi dalla confusione e dal caldo, sperando di poter trovare il senso di protezione che ti danno un cappuccio in testa con i primi freddi del mattino e un paio di scarponcini da trekking.

Macchina attrezzata per poter essere autonomo in tutto per qualche giorno, e come al solito , ho portato con me  troppe cose per sentirmi al sicuro. Troppi vestiti, troppo cibo, troppo bisogno di controllare se avevo campo, anche quando ero già circondato da campi.

Per almeno una settimana credo di aver parlato solo per dire “un caffè grazie” e “buongiorno” a chi incontravo sui sentieri . Strano come quando non si parla per qualche giorno si provi la sensazione di “disimparare” a emettere suoni e si possa restare sorpresi del privilegio enorme di poter comunicare con suoni che l’altro è in grado di capire.

Ho obbligato il mio corpo a fare cose che la mia mente temeva. Semplici cose, ma che nella quotidianità vorticosa di tutti perdiamo e sentiamo poco possibili.

Non prenotare nulla, non sapere dove si dormirà, se avremo campo e il telefono carico, non sapere se potrai lavarti a parte che con un po’ di acqua in una bottiglia, stare con i propri pensieri ed emozioni senza poter fuggire, non poter accendere la luce per sentirti al sicuro, non saper riconoscere i rumori attorno, portarti con te i rifiuti.

Un viaggio itinerante senza troppe sicurezze ti costringe ad anche ad imparare molto. Che è meglio dormire vicino ad una fonte d’acqua, che sotto gli alberi c’è meno vento ma più umidità, che al mattino il sole sarà dal lato opposto del tramonto e se fa freddo in poco tempo passerai dall’avere freddo all’avere caldo, che le persone che incontri sul sentiero sono gentili e generose e ti offrono qualcosa per il semplice piacere di condividere.

Ho riscoperto che nei paesi rurali le persone vanno ancora piano, che ci si abbraccia di più, ci si guarda in faccia e che quando si parla si sta paralleli uno di fronte all’altro, o affianco e non in diagonale come per poter scappare da una minaccia. Che si sentono invasi dai “forestieri”, che parlano con fierezza e protezione del proprio territorio e che molti non sanno dove sia Pavia e quanto sia strano e forse inconcepibile per noi pavesi camminare in salita.

Strano come l’alba al mattino sorga almeno 2 ore prima della sveglia abituale, che in una vita si decida di vederla o forse subirla solo quando dobbiamo prendere un aereo o fare un viaggio al mattino presto. La capacità di ascoltarsi a quell’ora è infinita. In un bosco è evidente come la vita si svegli a quell’ora. Suoni, animali, luce, tutto si risveglia, tranne noi.

Un giorno, anzi, una sera, ero in un posto meraviglioso, unica tappa certa del mio percorso. La luce artificiale più vicina era almeno a 20 km. Con la luna e le stelle si poteva praticamente leggere un libro. Camminando da solo in questa prateria (Campo Imperatore, Abruzzo) a un certo punto sento un rumore di cavalli in lontananza. Almeno 20 cavalli che correvano liberi tutti verso dietro un promontorio.

Mi sono commosso, silenzio, luce della luna, cavalli liberi e un tappeto di muschio sotto i piedi.

E niente, dietro di loro a distanza un allevatore con una cassa bluetooth con musica trap a tutto volume che li spingeva verso il loro riparo. Ciò che per me era un luogo magico, che mi faceva sentire sul set di “per un pugno di dollari”, per lui era semplice normalità, era la sua Pavia, con colonna sonora Sfera Ebbasta.

 

 

 

 

 

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