Mamma dimmi che credi in me!

Quando il dolore del genitore cade sul figlio…

Pochi giorni fa ho incontrato una persona, una persona meravigliosa, di una ricchezza d’animo infinita, limpida, geniale creativa, che mostrava una capacità di accedere a quelle aree più segrete e intime dalle quali scappiamo sempre, perchè troppo intime, perchè il metterci le mani ci fa temere di restarne intrappolati.

Aveva gli occhi neri, scuri, cupi, rapiti da qualcosa di antico che aveva spento la sua luce interiore che spingeva da sempre per uscire, per tornare a brillare come sicuramente aveva fatto in passato o avrebbe potuto fare.

Cos’era successo dentro di lei che la soffocava? Era partito da dentro per poi invadere tutto o qualcosa fuori aveva inquinato tutto infiltrandosi nelle sue fondamenta?

Inizia a parlare con l’imbarazzo e la paura di chi non chiede mai aiuto, di chi pensa di non essere degno di amore e accettazione, con quella superficialità espressiva di chi è intrappolato tra il banalizzare il suo dolore e la paura di parlare male di qualcuno e attribuire colpe che genererebbero sensi di colpa. Si, perchè la parte più complessa che incontro con chi mi chiede aiuto in studio o nella vita “normale”, è proprio questa; questa continua oscillazione tra il desiderio di esplodere, il bisogno di sparire da tutto, la paura di fare la vittima, il timore di farne con la propria rabbia.

Dopo un po’ che parla tra un singhiozzo, una risata isterica di compiacenza, uno sguardo indagatore verso di me per capire cosa pensassi di lei, si ferma. Ha finito di vomitare, l’urgenza di esplosione è finita e ora, finalmente, arriva il tempo della riflessione, dell’ascolto, il momento in cui si annusa la puzza del proprio vomito, che si teme il giudizio dell’altro, la paura di essere giudicati per la propria vulnerabilità, per essere stati cattivi parlando male di chi ci ha fatto soffrire amandoci, seppur senza colpa o volontà.

Cosa succede dentro questa persona meravigliosa ma che ha perso la sua luce o forse non sa nemmeno di averla mai avuta? Le domande cadono a vuoto, le risposte si fanno di circostanza: il lavoro, la stanchezza, la famiglia, il dovere, la fretta, il bisogno di essere sempre perfetti, la paura di non esserlo mai.

E da dove arriva tanta mortificazione? Perchè questa persona rara, questo “Mozart interiore”, non sa suonare, non ha trovato la “sua arte” e addirittura ignora l’esistenza stessa della musica e del pianoforte che avrebbero potuto essere il suo strumento di espressione e realizzazione?

Dove è partita la frana? Quali sono i ciotoli che cadendo hanno fatto franare tutto dentro di lei?

Questa persona ha quarant’anni, si ritrova involontariamente a fare i conti con la vita. La crisi economica la sta costringendo dopo anni di cecità a riflettere. Tutto era lineare, semplice, ordinario, ma mai appagante, non dava mai un senso di pienezza che lei però ricorda di aver vissuto da giovane; quando perdeva ore nella sua cameretta, a sognare, a realizzare le sue creazioni, a scrivere, a fantasticare cosa avrebbe realizzato nella sua vita.

Parlando, tra un singhiozzo e l’altro inizia a parlare della famiglia, in modo conflittuale, protettivo, comprensivo e attento a non far passare nessun sentimento negativo. I miei genitori hanno fatto tutto per me, non posso rimproverarli di nulla, mi hanno dato tutto, avevo tutto fisicamente. E allora chiedo io, cos’è successo? Quando è partita la frana che ti ha seppellito sotto vent’anni di anonimato ai tuoi occhi?

Si ferma, respira, abbassa lo sguardo, inizia a muoversi compulsivamente, vuole parlare ma la colpa è troppa, sta entrando in aree che ha ignorato lavorando sei giorni su sette, facendo ogni cosa per rendere tutti orgogliosi di lei, fino a dimenticarsi di sè, di quello che la rende felice, che gli da quel senso di pienezza e SENSO che non trova più in nulla. Ormai è un genitore di ragazzi adolescenti, provocatori, che gli ricordano le sue assenze, che la costringono a fare i conti con la consapevolezza che i sacrifici fisici sono tantissimo, ma non calmano l’animo umano. Non l’avevano fatto con lei, non è avvenuto con i suoi figli.

Cosa è mancato? Cosa è successo? Una cosa semplice, gratuita, elementare, ma indispensabile alla nostra crescita armonica. E’ mancata la stima incondizionata, la lentezza per dire “ci sono”, ti amo per quello che sei, accompagnato dalla quiete dell’anima del genitore stesso, che nel dire frasi amorevoli e di compassione deve fare i conti a sua volta con quello che ha ricevuto, intrappolato su dati di realtà che ci dicono che abbiamo avuto tutto e che non giustifica o placa questa angoscia silente che si confonde in tutto ciò che facciamo.

Gli è mancata un “brava”, un “ti amo”, un “sei speciale così come sei”. Le paure del genitore sono finite sul figlio, il figlio così ripete lo schema che ha imparato, sperando di essere amato di più se lo ripeterà a sua volta. Forse mio padre mi vorrà bene e mi sorriderà se sarò aggressivo come lui, forse mia madre mi “vedrà” se sarò depressa come lei, forse i miei genitori saranno finalmente sereni se resto vicini a loro, se vivrò vicino a loro, se tutti resteremo vicini fisicamente, ma divisi come isole emotivamente.

Così, a mezza vita vissuta si fanno i conti. Non possiamo andare indietro, la vita sembra già scritta. Siamo intrappolati su binari vecchi e arrugginiti che non abbiamo messo noi, perchè ogni bambino non ha direzione, non ha binari, è pronto per viaggiare in ogni direzione che lo appaghi, che gli permetta di esprimere la sua unicità, al di là delle paure dei genitori, dei nonni, di dio, del dovere.

Così, ogni volta che incontro persone meravigliose così, mi rendo conto della parzialità del mio lavoro, del tentativo surreale di cambiare il passato per avere un presente diverso, quando sarebbe stato così facile fermarsi da genitori e chiedersi: “io che genitore avrei voluto avere da piccolo”?

5 pensieri su “Mamma dimmi che credi in me!”

  1. eh certo ma anche dei genitori, a loro volta, hanno avuto delle storie simili.
    La bellezza sta nella meravigliosa capacità personale di elaborare e risolvere anche se le cicatrici a volte sanguinano perchè urtano contro qualcosa di appuntito.
    Ti ringrazio tanto dell’affettuosità, dell’attenzione, della profonda empatia della quale sei capace. Cosa assai rara, anche negli operatori del settore.

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