psicologo pavia Goffredo Bordese

Il malessere umano e il bisogno di trovare risposte assolute a vuoti transitori.

Il tentativo di trovare un rimedio alla nostra ansia.

C’era una splendida vignetta di Charlie Brown che diceva: “quando pensi di avere le risposte, la vita ti cambia le domande”. Credo che sia terribilmente vero (anche in questa frase c’è un sacco di dubbio!!)

Cerchiamo sempre risposte definitive, affermazioni che ci identifichino in qualche cosa, una risposta assoluta, eterna, che ci consoli e colmi un vuoto che ci accomuna, perché in fondo il problema è questo, il nostro vuoto che cerchiamo di colmare in qualche modo, con la sensazione che quel “pieno” attenuto in qualche modo o da qualcuno sia per sempre, fino alla compensazione successiva (vedi un mio altro spunto) .

Una persona una volta mi disse parlando della sua bulimia: ” sono a dieta, tra un pasto e l’altro”. Ecco, credo che di fondo siamo così, ci riempiamo di cibo, alcol, gioco d’azzardo, pantaloni che non metteremo, scarpe da corsa che non useremo, abbonamenti di cui non usufruiremo, like, foto, diplomi per sentirci più titolati o km all’ora per andare tutti a 130 km/h al massimo (in teoria).

L’essere umano ha una malattia su cui costruisce la sua intera esistenza, la ricerca di senso, l’assoluto, qualcosa che colmi questo vuoto che spesso chiamiamo ansia e che è anche il motore della creazione di infinita bellezza attraverso ogni opera d’arte e ogni tentativo di esprimere sé stesso, purtroppo molto spesso (voglio sembrare ottimista) attraverso l’affermazione di potere sull’altro, ecco perché non sappiamo ascoltare silenziosamente e in modo accettante ma sappiamo solo dare consigli e proporre soluzioni che chi si sta sfogando già sa.

Da piccolo balbettavo molto, mi succede ancora quando sono stanco, teso o sono debole. Mi sono sempre chiesto il perché, cercando risposte nelle preghiere, bestemmiando tra me e me con senso di colpa quando non riuscivo a dire un semplice “pronto” al telefono o nel non riuscire a dire presente all’appello a scuola. Mi sono dato mille motivazioni diverse, tutte vere, ma tutte parziali e soprattutto nessuna risolveva il problema, perché aggiungeva nozioni ma non scioglieva le tensioni emotive alla base della mia balbuzie, ecco perché una parte di me ha enormi perplessità verso alcuni approcci terapeutici e verso moltissimi terapeuti; perché alla fine di anni di terapia e di soldi spesi, uno crede di sapere tutto sulla causa del suo malessere ma non ha sciolto (fisicamente) nessuna delle cause.

Quando balbettavo (anzi, dopo averlo fatto) mi accorgevo di farlo molto di più quando sentivo una tensione emotiva nell’altro, soprattutto quando non riconosciuta o negata. Era come se la mia balbuzie fosse il termometro della falsità emotiva dell’altro e lo specchio della mia, ecco perché balbetto ancora oggi quando mento o meglio, quando millanto una forza o una consapevolezza che non ho ma la cui mancanza mi fa vergognare.

Tornando al sentimento (concetto è una nozione, il vuoto è un vissuto) di vuoto e di bisogno di affermarsi in qualche modo, attraverso il sentirsi interisti, milanisti, di destra, di sinistra, buoni o cattivi, sento (credo è un pensiero, non un vissuto), che la balbuzie fosse e sia una difficoltà nel dire una verità assoluta, qualcosa che sia immutabile quando invece il mio inconscio sa non essere così.

Perché parlo di questo mio vissuto cercando di portarlo come esempio? Forse per narcisismo, forse perché se parto da qualcosa che conosco e sento mio, ho la sensazione che tutto sia più semplice, in gran parte perché il mio lavoro di psicologo mi ha fatto un regalo immenso, credo il più grande: mi ha permesso di smetterla di sentirmi unico grazie e a causa del mio malessere, di vedere che dentro ad ognuno ci sono difficoltà, attriti, frizioni tra stati d’animo e vissuti, vuoti da colmare e che forse le uniche vere differenze sono nelle balle che ci raccontiamo e millantiamo agli altri.

C’è chi compra case, macchine, chi si veste firmato, si fa rifare le tette, si sente più sicuro con tatuaggi Maori per lui privi di senso o cerca di salvare persone per sentirsi più buono e degno d’amore. Le risposte cambiano, cambiano le compensazioni, i modi di sentirci protetti, ma alla base c’è sempre la stessa cosa; il bisogno di sentirci eterni e sopra la nostra mortalità, sentimento che appartiene solo a noi esseri umani e che ci fa fare record sportivi, canzoni, rapine o volontariato.

I miei cani sono terribilmente più intelligenti, onesti e consapevoli di me. Non si obbligano a stare in una posizione per loro innaturale e malsana per 8 ore al giorno, sanno riconoscere il proprio limite fisico, mangiano in base al proprio bisogno energetico, sanno che non possono volare e quindi accettano il loro essere terreni, nuotare come un pesce andando in profondità a lui non tollerabili o chiedere al proprio corpo di fare lavori fisicamente distruttivi a lungo termine.

Noi no, ci illudiamo di correre perché organizziamo gare per mostrare la nostra forza, quando un cagnolino non allenato corre senza problemi più veloce dì noi, prendiamo steroidi e passiamo anni in palestra facendo movimenti ripetitivi che irrigidiscono il nostro corpo e il nostro pensiero per inseguire uno stereotipo di bellezza creato da noi e dalla nostra cultura quando una formica senza allenarsi alza otto volte il suo peso, tappezziamo le pareti dei nostri studi e ci facciamo dare del lei come se questo ci rendesse migliori e superiori al prossimo.

Non sappiamo accettare nessun limite, l’unico modo per farci frenare è darci multe, altrimenti non capiamo nulla e se freniamo, rallentiamo e limitiamo il nostro senso di potenza è solo per paura della punizione. Siamo così tanto diversi dagli animali che preleviamo dal loro habitat per portarli a Varallo Pombia o a Bergamo per il nostro piacere e che premiamo se fanno i bravi e puniamo se fanno ciò che è nel loro istinto ma che noi definiamo “essere cattivi”?

L’essere umano ricopre meno dell’un per cento del regno animale, ma costruisce come se fosse il padrone di questo grande sasso su cui siamo seduti, immemori che a un suo tremore le nostre case collassano come carta bagnata.

Immaginiamo se ogni animale esistente, cioè il 99% restante, edificasse e facesse quanto facciamo noi. Personalmente ogni settimana entro in crisi perché devo aspettare un paio di giorni per la differenziata di turno, così ogni settimana, di ogni mese, di ogni anno, e ogni giorno mi accorgo che sono più attratto dal mio contratto Amazon Prime, che mi toglie ogni tempo di attesa e di capacità di attendere per avere oggetti che non sapevo nemmeno esistessero un minuto prima di acquistarli.

Un giorno una persona mi ha chiesto come mai scrivessi così poco. Per questo motivo. Perché quando scrivo una parte di me si gongola, una si critica, e per un po’ mi sento potente, come se stessi cambiando qualcosa, che il mondo dalla pubblicazione di un mio pensiero possa essere un po’ diverso, che da domani comprerò un po’ di meno, accetterò un po’ di più la mia auto quando ne vedrò una più costosa e il mio vuoto e quello di un ipotetico lettore sarà colmato, fino al prossimo articolo scritto, comprato o venduto, pubblicizzato con tanti lucine e slogan festosi.

11 pensieri su “Il malessere umano e il bisogno di trovare risposte assolute a vuoti transitori.”

    1. C’e da accettarlo, e per magia si ridurrà. Credo sia intrinseco nell’essere umano, che sia la spinta che l’abbia fatto evolvere (sviluppare) e che sia però anche la sua condanna con cui deve convivere.

  1. Ho vissuto per anni con questa sensazione di vuoto, cercando il giusto posto in cui stare, la giusta persona con cui vivere, il giusto lavoro da fare.. e quando pensavo di aver trovato quello che cercavo, il vuoto tornava. Allora un giorno ho deciso di entrare in quel vuoto, sentirlo fino in fondo, diventarne parte, ho iniziato a vedere dentro quel vuoto, e ho trovato me.
    La chiave di volta siamo noi.
    Entrare in noi stessi in maniera totalmente silenziosa e accettante. Allora diventeremo come i tuoi cani, dolcissimi, che sanno esattamente di essere dei cani.
    Questa è la mia esperienza, a oggi.
    Ciao Goffredo

  2. Buongiorno. Avevo inserito un commento nell’ultimo articolo ma non c’è.

    Ma, una condanna…se si vede il bicchiere mezzo pieno, è sempre “la spinta”…altrimenti, come è per molti diventa “la pinta”…purtroppo.

    Certo la vita è sempre faticosa ma un conto è centrarci sulla vita un conto è centrarci sulla fatica.

    Sono contenta che abbia scritto anche ieri. Era così tanto tempo!

    Mi interessa il suo punto di vista.

    Grazie.

    1. Gentile Auacollage…grazie x grazie di cuore, resto sempre sorpreso del fatto che qualcuno possa notare l’altro in questo mare di informazioni e velocità. Si ha ragione, scrivo molto poco, o meglio…pubblico molto poco, perché sono sempre in lotta per non essere parte di un mondo che urla la sua verità (il t9 ha scritto ferita, chissà …) assoluta, e allora la reazione è quella del silenzio, ma nel silenzio si diventa comunque complici di ciò che non va. Insomma, labili equilibri …grazie! Grazie di cuore.

      1. Grazie a Lei della risposta. Qualche traccia, qualcuno, magari sullo stesso filo, la riconosce, chissà.
        Funamboli silenziosi, composti, proseguono passo passo uno in fila all’altro.

  3. Innanzitutto questo tuo spazio è davvero interessante e ben gestito. Complimenti!
    A commento del tuo post sono convinto che il malessere di ogni singolo essere umano sia dovuto alla sua imperfezione genetica, al suo “motore” non rodato e poco oliato che si ritrova (che ci ritroviamo).

    1. Buongiorno, le chiedo scusa ma mi sono accorto solo ora che i commenti non potevo visualizzarli. Grazie di cuore, mi spiace per i tempi di attesa!
      Assolutamente, credo profondamente che la nostra “consapevolezza” sia un errore evolutivo che ci illude di essere superiori alla natura grazie alla comprensione cognitiva di ciò che accade…ma se so cosa succede alla nostra pelle se tocca il fuoco, non vuol dire che io non provi dolore. Quindi, al di là di ogni tecnicismo, impariamo anche semplicemente ad allontanarci dal fuoco, anche se non sappiamo a livello cellulare cosa succede.

  4. Non sono sicuro di aver pubblicato il commento. A scanso di equivoci riepilogo quanto ho scritto nel precedente. Innanzitutto complimenti per questo spazio molto ben gestito e molto interessante, e poi per rispondere al tuo post sono del parere che il malessere è in generale dovuto al fatto che l’essere umano non è un essere perfetto. Ha un “motore” non rodato e poco lubrificato.

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