Il rapporto tra stress, tecnologia e illusione di benessere
La “ragione” ha creato un mondo veloce che il corpo non è in grado di sostenere.
Quando si parla di modernità è facile cadere nei luoghi comuni e in frasi scontate: “non è più come una volta”, “prima ci si parlava di più”, “questi giovani con sti cosi in mano e che non si parlano più”. Ma cosa ha davvero comportato questa accelerazione sociale e questo ipersviluppo tecnologico nella società e nello sviluppo psichico, emotivo e corporeo delle persone?
L’animale uomo, perché il corpo umano ha ancora tutte le caratteristiche imperfette di tutti gli altri mammiferi, prova una sorta di piacere con la velocità, sia essa fisica o di pensiero. Il sistema nervoso sotto stress si mette in modalità “fight or fly” come dicono i ricercatori anglosassoni, ossia o attacco o scappo, cercando di attuare i suoi piani di fuga come qualsiasi altro animale.
Il corpo per evitare ciò che teme attiva il “sistema simpatico” che produce adrenalina, cortisolo e altri ormoni, sostanze che generano una forma di dipendenza e che ci fanno sentire come drogati, sostanze però che ci impediscono anche di percepire emozioni più profonde e legate al contatto umano, come l’empatia e la compassione (tutti i comandanti lo sanno bene, ecco perché oggi come mille anni fa, somministrano sostanze psicotrope eccitante ai soldati prima di andare in guerra). Ma un animale in natura prova paura o vive lo stress solo per pochi minuti, poi si mette al riparo e ripristina le sue funzioni fisiologiche e sane per la sua esistenza.
Per il nostro corpo quasi tutto ciò che facciamo oggi è stress. In natura non esiste la possibilità di contattare dieci amici mentre corriamo di cui magari due non rispondono mai, mentre cerchiamo parcheggio del supermercato che abbiamo selezionato in base alle offerte migliori, il tutto magari correndo per andare a prendere il figlio a scuola.
Dal punto di vista biologico, il nostro corpo vive costantemente in uno stato di pseudo paura e quindi reagisce come la natura gli ha insegnato in centinaia di milioni di anni; paura di essere in ritardo, di non essere capito, di essere off line, di essere on line e di fare ingelosire il partner, paura di non essere abbastanza, paura di un voto che ci fa sgridare dai genitori. Tutta questa “velocità” causata dallo stress che decidiamo di vivere per avere una vita più “comoda” comporta una sorta di infantilizzazione delle persone, una grande compulsività, una scarsa capacità di sostenere il rifiuto, una tendenza a cercare una soluzione immediata ma in realtà erronea, ecc.
Così, in un circolo vizioso anche il mondo si sta strutturando sempre di più su strumenti che incosapevolmente (forse) sfruttano questa tendenza alla velocità e alla compulsione, cioè all’istinto, vedi lo shopping, i social network e la semplice messaggeria istantanea, che ci da l’illusione di avere il controllo del tempo e dello spazio illudendoci di avere una forma di controllo sugli altri, quando invece basta una batteria scarica per farci sentire la nostra vera natura limitata e fallace andando in panico.
L’essere umano non è fatto per porre attenzione per molti minuti su un piccolo schermo senza alterare la propria struttura corporea. Quando lo fa va in apnea, contrae il diaframma, attiva aree cerebrali delegate al controllo e alla soluzione di problemi sviluppando modalità ossessive e ripetitive che portano ad una ruminazione mentale continua. L’iperattenzione comporta stress, lo stress comporta attenzione focalizzata per scappare dalla minaccia (che però è il nostro cellulare ma il corpo non lo sa) producendo sostanze che ci eccitano e rendono insensibili all’altro, amplificando la nostra tensione emotiva e quindi una forma di aggressività latente deleteria per i rapporti umani. Insomma, ciò che tutti conosciamo e viviamo ripetendo meccanicamente schemi apparentemente diversi ma sempre identici.
Quindi la risposta qual’é? Qual’é la soluzione? Abbiamo costruito un sistema irreversibile e che può solo accelerare, pieno di comodità e potenzialità, ma che ci obbliga ad una riflessione sulla nostra capacità di sostenerlo e saperlo vivere senza farci vivere da esso. Così, allora dobbiamo trovare la risposta in noi, nella nostra consapevolezza, nella consapevolezza di ciò che facciamo, riconoscendo ed accettando che le forze esterne sono fortissime proprio perché sono invisibili.
L’uomo crea strumenti in cui si identifica, scordandosi che l’unico scopo era una maggior comodità. Invece ne diventa schiavo senza rendersene davvero conto. Non a caso infatti da una ventina d’anni, si sta allargando a macchia d’olio una ricerca sociale ad una forma di spiritualità laica, di velocità più consapevole attraverso una sempre maggiore richiesta di centri di meditazione, mindfullness, yoga e delle mille discipline orientali che stiamo adattando per renderle più fruibili e vicine alla nostra cultura; segnale questo che la consapevolezza sta in qualche modo aumentando proprio grazie ad un disagio sociale sempre più forte e marcato che spinge le persone a decidere come e quanto stare sulla giostra sociale.
sempre interessanti i tuoi articoli..grazie
Grazie mille!!
Grazie Goffredo. Sono contenta di aver suscitato il tuo interesse perchè adesso, hai suscitato il mio e ti seguo molto volentieri. Sono, ovviamente, perfettamente d’accordo con te. Non sembra ma la situazione è realmente preoccupante. Sì, il bisogno di consapevolezza sta aumentando ma contemporaneamente aumenta la velocità e il lavoro che ognuno di noi deve fare è sempre più oneroso. Molti iniziano e poi mollano: non tutti arrivano a risultati tangibili in breve tempo. Io spero sempre che la traccia rimanga e poi, anche se abbandonata per varie ragioni per altre ancora venga ripresa. Contenta di averti incrociato! Buona serata. Augus.