E’ un po’ che non scrivo qualcosa di più corposo di poche righe, mi sono limitato a condividere qualche cosa che ritenevo fosse uno spunto di riflessione ma poco altro. Mi sono accorto nel tempo che scrivo e rifletto in modo più profondo nei momenti di cambiamento, siano essi di transizione da un periodo bello ad uno brutto o viceversa. Vero che siamo sempre in transizione, ma a volte sembra di essere un po’ in un videogioco, dove ripeti compulsivamente lo stesso schermo senza mai distruggere il mostro finale e in qualche modo ti siedi, magari ti senti anche figo perché conosci a memoria ormai tutti i trucchetti per arrivare fino al mostro, senza mai superarlo però.
Poi però succedono delle cose, incontri persone, ti dividi da persone, litighi, ti riappacifichi, fai esperienze, viaggi, insomma, succede qualcosa che ti aggiunge qualche strumento per superare lo schermo, lo raccogli senza farci caso e te lo metti nello zaino virtuale e vai avanti fino a scontrarti per l’ennesima volta, allo stesso identico punto ma con una sorta di resa interna, dicendoti tra te e te, “tanto anche stavolta il mostro mi frega”.
Perché questa introduzione? Oggi parlo da paziente e non da psicologo, anche se le cose non sono divisibili a mio parere. Questo spazio è nato in fondo per questo, per togliere un po’ le distanze che esistono tra il “professionista” e la persona e vorrei parlare in questo caso delle memorie corporee, di fratture, tensioni emotive che si sono radicate e cucite fisicamente nel corpo, nel modo di respirare, nella tensione addominale, nei muscoli e che non ci permettono di andare al livello successivo. Nulla di magico o esoterico, ho smesso con la parapsicologia , scoprendo che la natura è già magica in sè e non c’è bisogno di altre credenze o spiegazioni pseudo esoteriche per trovare un senso alle cose. Noi siamo un campo magnetico, immersi in un immenso campo magnetico, la mia tensione diventa la tua, la sua tensione diventa la nostra e così via, perché siamo mammiferi, geneticamente predisposti ad entrare in empatia con il prossimo per la nostra sopravvivenza.
La natura ci ha messo milioni di anni per renderci capaci di relazionarci anche senza parole, grazie al solo istinto (qualunque madre sa cosa vuole suo figlio di pochi giorni senza che questo parli, basta che la madre SI ascolti). Questa cosa continua nel tempo, per tutta la vita, ma la nostra parte egoica (corteccia prefrontale: la capacità di immaginare un futuro diverso ipotizzabile è solo nostra)quella che ci fa lavorare per un progetto che è chiaro nella nostra mente ma che non è reale, quella stessa parte che ci fa avere aspettative e delusioni, ci fa illudere di avere il controllo della situazione, che noi siamo più forti della “vera” realtà, che volere è potere. Ma non è proprio così…ecco perché dire ad una persona spaventata “stai sereno” non lo rilassa. Le emozioni sono infinitamente più forti della volontà, e se non entro in contatto con me vivrò compulsivamente senza rendermi conto di ciò che faccio (chiudo casa e non so se l’ho fatto, esco con persone a caso per abitudine e per evadere dal mio vuoto, compro scarpe che non metterò mai per alleviare un mio stato d’animo ecc.).
Se mio padre da piccolo urla, fisicamente mi contraggo, vado in apnea cercando di capire cosa io abbia fatto, cercando un modo per addolcirlo. Se mia madre è depressa, infelice, non mi guarda, mi fa sentire come se fosse colpa mia e se la mia presenza non fosse un motivo sufficiente a farla felice, e cosa succede allora? molto probabilmente crescerò con un corpo contratto, condizionato da tensioni che per me sono normali, perché le vivo tutti i giorni senza ascoltarle, finché non diventano gastriti, ulcere, colon irritabile, intolleranze alimentari, cervicalgie, ernie al disco (ne ho due, parlo per esperienza) senza capire che normali non vuol dire sane, funzionali al mio benessere. Molto probabilmente quindi da grande vivrò in funzione non di chi sono io davvero, della mia natura, ma di quei condizionamenti mentali e soprattutto fisici generati da stati emotivi che mi faranno vivere in una coazione a ripetere. Ossia? c’era tensione, cerco tensione o la ripropongo, per poterla sciogliere, perché è ciò che il mio corpo conosce. ‘era depressione, mi fa male ma la conosco e per automatismo mi ci infilo dentro senza capire quanto mi faccia male. Per esempio i pazienti che vengono da me e urlano sono tantissimi e se chiedi cosa si respirava in casa loro, tutti dicono la stessa cosa, si urlava, tutto era a volumi alti, tutti erano tesi e nevrotici.
Tornando a me e al perché sto scrivendo oggi, come si può capire dall’introduzione sono in una fase di transizione in cui i copioni della mia vita si ripetono e come specchio sociale vedo che tutti siamo dentro a schemi, copioni invisibili, che ci fanno agire come robot, come se avessimo un pilota automatico interno che ci governa e noi geni con il pollice opponibile, pensiamo invece di guidare la nostra nave (citando Daniele Silvestri, sono solo un passeggero e mi credevo un pilota).
Da anni sento che la psicoterapia è inutile e detto da uno psicoterapeuta sembra paradossale. Intendo dire in modo “provocatorio”, che la terapia dialettica, basata sulla sola parola, sulla distanza, sulla formalità, la teoria e consapevolezza di sé non libera fino in fondo il malessere che ci condiziona la vita, perché questo malessere è in una struttura fisica, nel nostro corpo. Faccio un esempio stupido: se mi rompo un braccio, dopo 45 giorni toglierò il gesso e sentirò che i muscoli restano dove sono, devo obbligarmi a portare il braccio in una posizione “normale” facendo fisioterapia. Questo solo per 45 giorni di gesso! Supponiamo una tensione domestica di 25 anni della nostra vita, di cui 10 in cui dipendiamo totalmente dalle stesse persone che inconsapevolmente sono tese , litigano, si mandano a quel paese, non parlano tra di loro. Il mio corpo (sistema autonomo, lo stesso che ci fa respirare senza decidere di farlo) si contrae, si rilassa, vive in uno stato di paura, panico, paranoia, diffidenza. Non c’è ragione che tenga, il corpo è più potente della nostra volontà, ecco perché ci viene il panico se vediamo un’auto come quella del nostro ex partner, perché davanti ai professori andiamo in panico nonostante sappiamo che non ci ucciderà, e così via.
Un esempio mio personale. Ho sempre balbettato tanto nella mia vita, fino ai 26, 27 anni circa, parlare era un problema serio, parlare in pubblico mi terrorizzava. Attorno ai 24 anni ho vissuto per 18 mesi in Inghilterra e mi succedeva una cosa paradossale. A Malpensa balbettavo (andavo in apnea, ero teso), a Manchester no. Perché? perché ero libero, non avevo più quelle tensioni che non mi facevano esprimere e quindi balbettare, andare in apnea. Se ho una malattia organica, ce l’ho qui e anche quando atterro, ecco perché sono contrario alle terapie cognitive comportamentali che ti danno dei compiti. Ti insegnano ad ammaestrare le tue malattie, non a scioglierle.
Da li è iniziato un percorso sempre più corporeo :meditazione, bioenergetica, ipnosi, Feldenkrais, Shiatsu e qualunque forma di terapia corporea che potesse aumentare la mia consapevolezza fisica, la capacità di percepire quelle tensioni sottili che percepiamo solo quando diventano dolore, contrattura, infiammazione, ecc.
Ecco, arrivo al dunque del perché di questa riflessione. Oggi ho fatto la mia prima seduta di Rebirthing sotto consiglio di un amico. Avevo già letto molto, ma come sempre, il corpo è una cosa fisica e va sperimentato, vissuto, non studiato sui libri; se no potrò sapere la teoria ma non avrò nessuna conoscenza in più (se studio il Molise saprò forse tutto su quella regione, ma non saprò che odori ci sono, cosa trasmette, il dialetto, i piatti tipici e le “vibrazioni” che ogni luogo emana).
Entro in studio di questa collega per la mia prima seduta, so qualcosa ma cerco di andare senza nemmeno dire la mia professione, cercando di evitare che la mia parte impaurita diventi egocentrica e quindi razionale. So che è un’esperienza corporea semplice di per se, devo solo respirare in fondo e così vado sereno. Un po’ di dialogo iniziale per conoscermi, la mia storia, cosa vivo ora che mi porta li, insomma..la prassi per poter lavorare.
Così, un po’ impaurito ma incuriosito, mi fa sdraiare e respirare in modo circolare, a respiri profondi, senza interruzioni, in modo forzato e continuo, senza potermi mai fermare. Prima una parte giudicante e razionale mi diceva come ogni volta che faccio qualcosa che non conosco ed è poco “scientifica” ai miei occhi, “che cavolo stai facendo, sembri un cretino, fai l’uomo, ecc.” Poco dopo, senza che potessi davvero capire e spinto da lei a non fermarmi, mi è successo qualcosa di incredibile, che non si può descrivere ma che può solo essere vissuta. Il corpo ha iniziato a vivere un tale dolore e tali contrazioni, dolori così antichi, profondi e viscerali che pensavo di non poter resistere. Vecchie memorie emergevano, vecchi ricordi sepolti e uno stato d’animo così viscerale e profondo che mi sembrava davvero di essere tornato ad uno stato di totale vulnerabilità, esattamente come un neonato (Re-birhing, rinascita). Ho percepito un dolore viscerale, come se qualcosa dovesse uscire da me, qualcosa che non conosco, che percepisco nei momenti di malessere, ma che è li e se non succede nulla lui non si smuove. Era come se sentissi che le difese corporee crollassero, fossero prese a picconate dall’interno (Reich la chiamava corazza caratteriale) corazze che poi diventano personalità e non ti permette di uscire dai tuoi schemi, che ti protegge ma ti imprigiona.
Non voglio addentrarmi troppo, è comunque un aspetto personale e cerco di condividerlo come si può condividere un’esperienza importante nel bene e nel male, cercando di proporre una riflessione al confine tra la professione e la mia persona, anche per togliere questa verticalità dei rapporti che si crea nel momento di disagio. Tu paziente, io dottore e viceversa. Non c’è nessun confine, solo il ruolo che abbiamo nel momento del colloquio e lo stato di bisogno momentaneo che ci differenzia (in apparenza).
Il corpo ha una sua intelligenza, una sua capacità di ripararsi, di trovare rimedi, magari erronei, ma sempre migliori del male che ha cercato di evitare. Ci sono episodi , persone e momenti che ci fanno detonare dall’interno e a cui nel bene e nel male dobbiamo dare loro il merito di legarci davanti ad uno specchio che ingigantisce ogni cosa di noi, soprattutto ciò che abbiamo cercato di nascondere con un po’ di trucco.
Da provare!!
Grazie. Leggere quello che scrivi per me è come un dono. Non so come dire ma l’apertura è così bella e così rara che non si può che ringraziare. Ti pare? Come ben sai il corpo ci indica proprio tutto e mai lo si ascolta. Anzi si nega proprio il messaggio.
Ebbi qualche anno della mia vita dove mi dedicai alla meditazione in modo assiduo. Ritiri più o meno lunghi ( per me lungo è un mese non di più!) ma molto frequenti. Il corpo era il mio server:-) connessa con tutto. Avevo di fronte a me una persona e il mio corpo mi raccontava come mi ponevo nei suoi confronti e come stava, le sue difficoltà, le sue bellezze. Commovente, stupendo, amorevole.
Avevo voglia di condividere un pezzettino ino ino. Spero di non aver disturbato. ciao:-)
Un grazie sincero a te per le belle parole. In fondo siamo tutti sulla stessa barca no? Qualcuno sa navigare meglio , qualcuno deve imparare..il problema credo sia solo di consapevolezza e intuito nel capire le forze del mare..