protesta sociale

La colpa è di chi applaude, non di chi recita.

La nostra nostra silenziosa complice omertà

La colpa non è di chi recita ma di chi applaude. Questo dev’essere il punto di partenza per il cambiamento.

La mente ha bisogno di un capro espiatorio per trovare la colpa, sempre. I fascisti hanno i comunisti, i comunisti hanno i fascisti, i nazisti hanno (ancora oggi) gli ebrei e il complotto sionista, gli adolescenti hanno i genitori, gli operai hanno il padrone, il padrone ha le leggi che bloccano il loro ego,  le vittime hanno i loro carnefici.

Il problema vero, alla base di tutto, è che insieme ai topi e agli scarafaggi ci sappiamo adattare a tutto. Migliaia di schiavi sottostanno alla prepotenza di un padrone e se solo capissero che INSIEME E IN ACCORDO potessero cambiare le cose, gli arroganti con il fucile non esisterebbero perché non esisterebbe il principio di dominanza e sottomissione.

Siamo animali, la biologia ci sussurra il bisogno di dominanza del territorio e di difesa dal predatore di turno. Tutto dipende dalla nostra inconsapevolezza, dal dare per scontato che possa essere solo così…perché è sempre stato così.
Perché questo sproloquio antisociale adesso? Perché fino al 23 dicembre tutti eravamo indignati dallo schifo dello scenario politico che speravamo di cambiare con un referendum, con un Si o con un No.

Ora siamo qui, senza memoria, non ricordiamo nulla, non ricordiamo Renzi, non ricordiamo Travaglio, semplicemente siamo come i cagnolini kitsch dietro molte auto.

Muoviamo la testa in funzione del percorso che fa l’auto su cui siamo messi, sempre, in coppia, in ufficio, con i nostri figli per non sentirci in colpa dandogli tutto per non sentirci ricattati dai loro capricci ed essere diversi dai nostri genitori, con i nostri colleghi che strozzeremmo ma a cui facciamo gli auguri di Natale, avvolti in frase di circostanza (degli orrori)per paura di dire ciò che ci fa star male prendendo una posizione che possa cambiare le cose o almeno chiamarle con il loro nome.
Migliaia di persone, di nostri connazionali (per i patrioti razzisti), vivono in tendopoli e container sotto metri di neve,  mentre stiamo qui a sentire che verranno stanziati miliardi di euro per salvare banche che hanno stritolato proprio coloro che hanno comprato quei moduli che hanno comprato  per sopravvivere o che hanno chiesto prestiti per non far chiudere le proprie aziende crollate come le case in cui avevano la sede legale.
Quindi, di chi è la colpa? Di chi applaude silente e ignaro, noi, io che scrivo questo sfogo ma che non scendo in piazza per dire la mia, senza rischiare di cadere nel facile declino dello sfogo antisociale in cui tutto c’è tranne la costruzione di qualcosa di diverso.

Se la vittima è accecata dalla rabbia diventa ciò che cerca di combattere. Quindi qual’è la soluzione? Partiamo dalla consapevolezza, dal ricordarci che quando mettiamo sotto la testa il culo resta fuori e per quanto possa essere consolatorio nel breve, lamentarsi e pregare nel salvatore di turno non è molto utile. Perché il salvatore non c’è, o forse si, dentro di noi se facciamo il nostro, come possiamo, con le nostre forze, la nostra scarsa consapevolezza e la nostra paura di dire cose scomode, di prendere posizioni diversi da quella prona a
cui siamo abituati.

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