Faccio un lavoro strano, difficile da descrivere, forse impossibile, a mio avviso il più bello del mondo. Un lavoro che ci obbliga a stare in un continuum emotivo tra noi stessi e l’Altro, permettendoci di crescere e sciogliere i nostri nodi mentre vediamo quelli degli altri sciogliersi.
Ci sono colloqui dove si ha la netta sensazione che le parole espresse dal paziente, parole che sono state cercate, costruite e pensate formulando prima un proprio dizionario emotivo, lascino uno spazio “fisico” interno quando verbalizzate.
Mi piace pensare che l’etimologia della parola psiche, anemos, soffio vitale, abbia un costrutto fisico, una sua fisicità quasi misurabile.. forse proprio come ipotizzava Duncan Mc Dowell nella sua teoria sul peso dell’anima, c’è davvero una correlazione tra “anima” e peso, spazio occupato nel corpo.